I programmi delle diverse forze in campo in vista delle elezioni del 25 settembre: temi centrali l’economia e il lavoro, con attenzione a uno scenario internazionale non favorevole per l’Italia come per tanti altri paesi a causa della guerra in Ucraina e del conseguente aumento dei prezzi e, in generale, del costo della vita.
A meno di un mese dalle elezioni, è utile mettere a confronto i programmi delle varie forze in campo riguardo economia e lavoro, temi centrali di questa campagna elettorale compressa nei mesi estivi, facendo due premesse importanti. La prima: a meno di grosse sorprese, il prossimo governo sarà di centrodestra, con Giorgia Meloni premier, una maggioranza schiacciante in Parlamento e una politica a trazione sovranista e conservatrice. Le proposte dei quattro partiti della coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi Moderati), come quelle degli altri partiti, vanno lette con attenzione, specie per capire quali sono effettivamente attuabili e quali invece risultano più opache.
La seconda: queste elezioni si incuneano in uno scenario internazionale decisamente sfavorevole per l’Italia (ma non solo). Il rincaro dei prezzi del gas e dell’energia come delle materie prime e, di conseguenza, delle bollette, sono conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina che non accenna a trovare una soluzione. Proprio in questi giorni, tutte le forze politiche in campo stanno facendo pressioni sul governo dimissionario di Mario Draghi per trovare una soluzione comune all’aumento del gas. La prossima settimana è inoltre prevista una riunione del Consiglio Ue dei ministri dell’Energia e questo tema avrà sicuramente un ruolo sempre più centrale nella campagna elettorale. Si tratta di uno scenario in continua evoluzione e, anche se è difficile un risultato diverso da quello ampiamente previsto, la vicinanza del centrodestra alla Russia di Putin è sicuramente una delle “armi” che la coalizione di centrosinistra non esiterà a utilizzare contro gli avversari, come evidente nello slogan elettorale di Enrico Letta, “Con Putin o con l’Europa”.
Le proposte del centrodestra su economia e lavoro
Entrando nel merito, l’accordo quadro della coalizione formata da FdI, Lega, FI e Noi Moderati si intitola “Per l’Italia” e si presenta, paradossalmente, come il più scarno tra quelli in gioco. Pesano le divergenze interne (la Lega, ad esempio, ha un programma molto corposo di 202 pagine), solo apparentemente superate e condensate in 12 punti che per gran parte ripropongono vecchi cavalli di battaglia della destra.
Uno dei primi punti affrontati è una rimodulazione delle risorse previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, “in funzione delle mutate condizioni, necessità e priorità”. Come ha dichiarato Giorgia Meloni, “la revisione del Pnrr dovrà essere priorità del prossimo governo. Parliamo di un’opzione consentita dal Regolamento europeo di attuazione di Next Generation Ue. Di questa proposta se ne è parlato in modo a volte impreciso e altre strumentale, agitando lo spettro che se accadesse l’Italia perderebbe le risorse europee”. “Non è così – assicura la candidata premier del centrodestra – Fdi è consapevole dell’importanza del Pnrr e sa bene che queste risorse non possono essere sprecate, come troppe volte successo con le risorse ordinarie Ue”.
Un altro punto, tra i più discussi, è quello della flat tax (ossia l’introduzione di un’aliquota unica che appiattisce la progressività dell’imposta dovuta): il centrodestra propone l’estensione della flat tax per le partite Iva fino a 100 mila euro di fatturato, ma su questo punto la coalizione è divisa, con Forza Italia che vorrebbe un’aliquota al 23% e la Lega che invece ne propone una al 15%. Fratelli d’Italia, invece, sul punto è rimasto molto vago.
Riguardo il lavoro, la destra insiste sul taglio del cuneo fiscale (“il rapporto tra l’ammontare delle tasse pagate da un singolo lavoratore medio e il corrispondente costo totale del lavoro per il datore”, secondo la definizione dell’OCSE) e sulla defiscalizzazione soprattutto per le imprese che assumono. Gli interventi previsti sono la riduzione dell’Iva per calmierare i prezzi dei beni di prima necessità e quelli di gas e luce, maggiori tutele per i lavoratori autonomi e i professionisti, estensione della possibilità di utilizzare i voucher lavoro, contrasto al lavoro nero, rafforzamento di meccanismi di decontribuzione e incentivi all’imprenditoria per le donne, per gli under 35, per le persone con disabilità e per chi vive in zone svantaggiate. Sono previsti anche l’innalzamento del limite all’uso del contante e nuovi bonus edilizi.
Nella sezione “Sostegno alla famiglia e alla natalità” inoltre si trova la proposta di aumento dell’assegno unico e universale, un rafforzamento delle politiche di conciliazione lavoro-famiglia per madri e padri e delle tutele per le madri lavoratrici.
Come è noto, il grande “nemico” della destra è il Reddito di Cittadinanza, di cui si prevede l’abolizione. Non si parla di salario minimo (definito da Giorgia Meloni uno “specchietto per le allodole”) mentre ci si concentra – soprattutto Forza Italia – sull’innalzamento delle pensioni minime sociali e di invalidità, fino a 1.000 euro se passerà la linea di Berlusconi, con maggiore flessibilità per l’accesso alle pensioni anticipate.
Le proposte del centrosinistra su economia e lavoro
Il nome scelto dal Pd per il suo programma è “Insieme per un’Italia democratica e progressista” e si articola in 40 punti. largamente condivisi dal resto della coalizione di centrosinistra formata da Sinistra Italiana, Verdi, +Europa e Impegno Civico.
Cominciando dal tema del lavoro, il centrosinistra non ha intenzione di abolire il Reddito di Cittadinanza, quanto invece di “ricalibrarlo secondo le indicazioni elaborate dalla commissione Saraceno (il Comitato Scientifico per la valutazione del RdC, presieduto dalla professoressa Chiara Saraceno), a partire dall’ingiustificata penalizzazione delle famiglie numerose e/o con minori”. Si prevede, in pratica, un secondo meccanismo, l’integrazione pubblica alla retribuzione in favore dei lavoratori e delle lavoratrici a basso reddito.
Sul Pnrr, il centrosinistra punta alla piena realizzazione delle misure previste sulle politiche attive, rendendo strutturale il Fondo nuove competenze e il contratto di espansione, rafforzando i centri
per l’impiego e creando una migliore connessione tra il sostegno al reddito in costanza di
rapporto e le politiche attive, formative e di accompagnamento alle transizioni produttive e
occupazioni.
Riguardo il fisco, anche il Pd inserisce in programma il taglio del cuneo fiscale, con l’inserimento di una mensilità in più nelle buste paga dei lavoratori e il superamento dell’Irap (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) a favore delle imprese.
Non si parla di flat tax, fortemente condannata a sinistra (“i miliardari come Berlusconi sono molto avvantaggiati dalla flat tax. Ma le persone che oggi portano avanti il Paese giorno dopo giorno non avranno nessun vantaggio dalla flat tax. Pagheranno per dare meno tasse ai più ricchi” ha dichiarato il segretario del Pd Enrico Letta), ma si propone il Codice Tributario unico per semplificare “drasticamente gli adempimenti”, lo sviluppo del fisco digitale, l’abolizione delle micro tasse, tracciabilità dei pagamenti e l’incrocio delle banche dati per combattere l’evasione fiscale, il potenziamento delle Agenzie fiscali e maggiori premialità ai contribuenti leali. Si prevede anche la riduzione del carico Irpef a partire dai redditi medi e bassi e una razionalizzazione delle agevolazioni fiscali.
Grande cavallo di battaglia del centrosinistra è l’introduzione del salario minimo contrattuale, con soglia minima affidata agli accordi fra le parti sociali e che comunque rispetti i parametri della direttiva europea (pari a circa 9 euro lordi orari). Si vogliono vietare gli stage non retribuiti e, in maniera simile a quanto avviene in Spagna, intervenire sui contratti a tempo determinato, rendendo l’indeterminato più vantaggioso per le aziende e per i lavoratori. Infine, si punta alla promozione dello smart working, dove possibile.
Il centrosinistra propone inoltre l’estensione a tutti gli appalti pubblici della clausola di premialità per l’occupazione giovanile e femminile e la piena applicazione della legge sul caporalato e per l’equa retribuzione per lavoratori e lavoratrici, proseguendo il rafforzamento dei controlli e introducendo misure per superare la condizione di vulnerabilità di chi denuncia lo sfruttamento.
Andando a vedere i singoli programmi degli altri partiti della coalizione, per quanto riguarda Verdi e Sinistra Italiana si fa esplicito riferimento a una riduzione dell’orario lavorativo, “istituendo da subito un fondo per incentivare le imprese a sperimentare giornate e settimane di lavoro più brevi, senza intaccare il reddito dei lavoratori”. Attenzione anche alla tutela sul luogo di lavoro, con la proposta di “ripristino di un sistema di protezione fondato sulla reintegra nel posto di lavoro per tutte e tutti, indipendentemente dalle dimensioni e dal settore dell’impresa, per contrastare i licenziamenti ingiustificati” e l’istituzione di un Piano Nazionale per la Prevenzione Infortuni sul Lavoro.
Sulle pensioni, la proposta di Verdi e Si è vicina – paradossalmente – a quella di Forza Italia, con la proposta di pensioni minime a 1.000 euro. In aggiunta, l’età pensionistica diventerebbe 62 anni, con 41 anni di contributi.
Nel programma di +Europa il lavoro è posto fin nel primo capitolo, con la proposta di potenziamento dei contratti di apprendistato per i giovani, l’introduzione di voucher formazione-lavoro spendibili dai beneficiari per corsi di formazione certificati e la promozione di un maggior numero di percorsi di formazione in azienda.
Le proposte del “terzo polo” su economia e lavoro
Il programma del cosiddetto “terzo polo”, composto da Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi, ruota completamente sulla “Agenda Draghi”, ossia sul proseguire con le azioni e le riforme previste dall’esecutivo di Mario Draghi. Lo stesso Calenda continua a insistere che il premier indicato dal terzo polo sarebbe proprio Draghi (ma non è chiaro se lui è d’accordo o meno).
Quindi si andrebbe avanti con la strada intrapresa finora per quanto riguarda il Pnrr. Anche il terzo polo punta sull’introduzione del salario minimo a 9 euro e riguardo il Reddito di Cittadinanza non è prevista la sua abolizione, ma la perdita per chi rifiuta un’offerta di lavoro.
Per i giovani si propone la detassazione fino ai 25 anni e una riduzione delle tasse fino al 50% fino ai 29. Per quanto riguarda il fisco, Iv e Azione propongono un’unificazione tra la detrazione per lavoro autonomo e quella per lavoro dipendente, che si tradurrebbe in una semplificazione dell’imposta, con lo spostamento di tutte le spese fiscali in un sistema a rimborso diretto.
Riguardo la lotta alla precarietà, Calenda e Renzi attaccano il Decreto Dignità, accusandolo di aver “perseguito un obiettivo giusto in maniera totalmente sbagliata, penalizzando il lavoro flessibile regolare e fallendo nel contrastare le peggiori forme di precariato (false partite IVA, collaborazioni irregolari, false cooperative, falsi tirocini, appalti illeciti). Sono queste le forme da combattere, aumentando vigilanza e sanzioni”.
Le proposte del M5s su economia e lavoro
Infine, il programma del Movimento Cinque Stelle (“Dalla parte giusta”) si articola in 22 punti, con particolare enfasi sul fisco, con la reintroduzione del cashback fiscale (cancellato dal governo Draghi), una maxi-rateazione delle cartelle esattoriali e la cancellazione dell’Irap.
Anche il M5s propone il salario minimo a 9 euro, insieme all’introduzione di uno “statuto del lavoro autonomo” e alla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Ovviamente, il M5s punta sulla difesa e il rafforzamento del Reddito di Cittadinanza.
Per le imprese, anche il M5s propone il taglio del cuneo fiscale, l’eliminazione dell’Irap e il potenziamento del Fondo di Salvaguardia Imprese, ossia un Fondo istituito nel 2020 che acquisisce partecipazioni di minoranza nel capitale di rischio di imprese in difficoltà economico-finanziaria per aiutarle e garantire la continuità di impresa e salvaguardare l’occupazione.
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