Dalla definizione canonica agli esempi virtuosi, ecco tutto quello che bisogna sapere sull’economia circolare, il nuovo modello economico che ha rivoluzionato il mondo contemporaneo
Tra i temi ricorrenti e di maggior rilevanza negli ultimi anni è impossibile non citare la sostenibilità, argomento caro sia alle aziende che ai consumatori e che è ormai diventato una conditio sine qua non del mercato attuale.
Se parliamo di sostenibilità, non ci soffermiamo solo ed esclusivamente sul lato pratico, ma ci riferiamo anche a tutte quelle strategie economiche e sociali che possono rendere la nostra vita più semplice, abbattendo qualsiasi forma di sfruttamento, sia esso ambientale o umano. Ed è proprio qui che entra in gioco la cosiddetta economia circolare.
Cos’è l’economia circolare?
Ma cosa si intende esattamente con il termine economia circolare? Nel 2012 nel rapporto della Ellen MacArthur Foundation “Verso l’economia circolare: motivazioni economiche e di business per una transizione accelerata” vi era questa definizione:
Economia circolare è un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera.
L’economia circolare nasce, dunque, in netta contrapposizione all’economia lineare che tutti conosciamo e che ad oggi risulta poco funzionale e, anzi, problematica. La sempre più limitata disponibilità di materie ha reso indispensabile pensare ad un nuovo modello economico che possa sostituire quello canonico, superandone i limiti.
In sintesi si parla di un impianto economico capace di ridurre gli sprechi e garantire un costante riutilizzo e riciclo dei materiali e delle risorse in successivi cicli produttivi. Siamo davanti a un ripensamento complessivo e radicale del modello produttivo classico, basato sullo sfruttamento delle risorse naturali e orientato al solo obiettivo di massimizzazione dei profitti (tramite la riduzione dei costi di produzione).
Adottare un approccio circolare significa, perciò, rivedere tutte le fasi della produzione e prestare attenzione all’intera filiera coinvolta nel ciclo produttivo.
Questa attenzione passa per il rispetto di alcuni principi di base, che la Fondazione Ellen Mc Arthur ha individuato in 5 criteri fondamentali:
- ECO PROGETTAZIONE: progettare i prodotti pensando fin da subito al loro impiego a fine vita, quindi con caratteristiche che ne permetteranno lo smontaggio o la ristrutturazione.
- MODULARITÀ E VERSATILITÀ: pensare sempre alla modularità, versatilità e adattabilità dei prodotti affinché il loro uso si possa adattare al cambiamento delle condizioni esterne.
- ENERGIE RINNOVABILI: affidarsi ad energie prodotte da fonti rinnovabili e favorire l’abbandono del modello energetico fondato sulle fonti fossili.
- APPROCCIO ECOSISTEMICO: Prestare attenzione all’intero sistema e considerare le relazioni causa-effetto tra le diverse componenti.
- RECUPERO DEI MATERIALI: favorire la sostituzione delle materie prime vergini con materie prime seconde provenienti da filiere di recupero che ne conservino le qualità.
Qualche esempio pratico di economia circolare
Una volta compreso qual è lo scopo del modello economico circolare e quali sono i suoi punti cardine, la domanda che in molti si pongono è “come possiamo applicare questo modello ai vari settori produttivi?”. In molti applicano il famoso principio delle tre R, che consiste nel ridurre, riutilizzare e riciclare i materiali. Si tratta di un principio facilmente applicabile a molti settori, volto a garantire un sistema di crescita sostenibile in cui la parola rifiuto sia sinonimo di risorsa.
Se si parla di riciclo dei rifiuti e recupero dei materiali, possiamo indicare numerose aziende che si sono mosse in questa direzione coinvolgendo i settori più disparati. Nell’edilizia possiamo citare TS Asfalti, che appunto ricicla l’asfalto. Degno di nota è poi Ecodom, il consorzio italiano per il recupero dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Nel settore dell’abbigliamento abbiamo Orange Fiber, che produce tessuti sostenibili partendo da scarti alimentari, e Carmina Campus, i cui accessori sono realizzati con scarti di atelier, plastica, alluminio e perfino pneumatici.
Altro esempio virtuoso di economia circolare è rappresentato dalla cosiddetta sharing economy, letteralmente economia della condivisione. Tra i trend consumistici degli ultimi anni si parla sempre più spesso anche del consumo collaborativo, fondato sul principio di utilizzo e condivisione, e non sul possesso di un oggetto. Il possesso, infatti, genera molti più rifiuti, mentre la condivisione non solo riduce gli sprechi ma risponde anche a quel bisogno primordiale dell’uomo di sentirsi parte di una comunità. Da questo punto di vista, sono esempi virtuosi tutti i progetti di car sharing che da qualche anno a questa parte animano le nostre città, come Enjoy, Car2go e Sharengo.
L’Europa e l’Italia per la circular economy
Sulla scia di questi nuovi trend e della necessità di apportare cambiamenti all’attuale sistema economico, nel 2015 la Commissione Europea ha approvato un pacchetto di norme sulla circular economy che obbligherà i Paesi membri a riciclare almeno il 70% dei rifiuti urbani e l’80% dei rifiuti da imballaggio; a questo si aggiunge il divieto di gettare in discarica rifiuti biodegradabili e riciclabili.
Un impegno non da poco, visto che ci sono paesi come la Germania e l’Austria che riciclano già il 66% dei rifiuti, e altri come la Repubblica Ceca che non arriva al 30%.
Insomma, trovare un equilibrio sarà fondamentale. Da questo punto di vista l’Italia è in un’ottima posizione rispetto alla media europea e continua a primeggiare sia per valore economico generato per unità di consumo di materia che per la percentuale di riciclo dei rifiuti.
Insomma, il Belpaese è partito con il piede giusto, ma deve continuare in questa sua scalata e resistere anche ai rallentamenti dovuti alla crisi economica, soprattutto per quanto riguarda il numero dei lavoratori occupati nei settori circolari.