È il momento della creator economy: tra influencer, podcaster, youtuber e streamer il settore sta crescendo a dismisura, e sempre più professionisti richiedono una regolamentazione maggiore, pensata su misura, in grado di rappresentare tutte le sfaccettature della professione. In Italia sono stati fatti timidi passi avanti, e il 2023 potrebbe essere l’anno in cui diminuirà la deregulation

Il mondo del lavoro ha scoperto una nuova professione, che sta totalmente reinventando il marketing. È il cosiddetto content creator, che monetizza attraverso i propri contributi sui social network. L’ambito di appartenenza è quello della creator economy, e sta crescendo a dismisura: a livello mondiale si contano oltre 300 milioni di professionisti; ma mentre il trend ingloba sempre più giovani lavoratori, che scelgono di intraprendere questo percorso come una vera e propria professione, nel nostro Paese non è ancora presente una legislazione specifica.

 

La creator economy in Italia

I professionisti attivi nel settore dell’influencer marketing sono oltre 350mila in Italia, e quest’industria ha visto più di 290 milioni di euro di investimenti solo nel 2022. Eppure, sia dal punto di vista fiscale che su quello dei compensi, i content creator nel Paese sono considerati alla stregua di altre professioni non ordinistiche, ai sensi della legge n. 4/2013.

In Italia manca ancora un Codice Ateco specifico dedicato alle diverse tipologie di content creator (streamer, podcaster, youtuber, ecc.), necessario per inquadrare come una vera e propria attività economica le varie sfaccettature di questa professione. Questo passo avanti non sarebbe solo formale, ma consentirebbe ad esempio di «ricevere gli ammortizzatori sociali in situazioni di emergenza, come la pandemia», e di «rendere gli adempimenti fiscali meno macchinosi» — ha precisato Jacopo Ierussi, fondatore e presidente di Assoinfluencer, associazione di categoria che si rivolge ai content creator in Italia.

A oggi il loro codice Ateco cambia a seconda della piattaforma utilizzata e del tipo di contenuto condiviso: «Gli youtuber rientrano nell’ambito di “cinema e produzione televisiva”, gli streamer fanno parte della sezione “marketing”, e via dicendo», poi ci sono coloro che rientrano sotto il grande cappello degli influencer – a cui spesso viene dato il Codice Ateco 90.03.09, cioè quello relativo ad “Altre creazioni artistiche e letterarie”. Anche a causa di questo, in Italia non sappiamo con precisione quanto sia grande la creator economy. Il riconoscimento di tutte queste professioni consentirebbe di «avere dati statistici ufficiali sul peso della creator economy per l’economia italiana». Questo approccio avrebbe ricadute positive anche sui compensi dei professionisti, che non è raro che ricevano prodotti in regalo come forma di pagamento: «Un tariffario di riferimento aiuterebbe a dire no alle offerte svantaggiose», e soprattutto a evitare le collaborazioni in nero.

 

È il momento di prendere sul serio i content creator

«Il livello di deregulation per il settore diminuirà nel corso del 2023», continua Ierussi. «L’attenzione, da parte delle Authority italiane, verso l’attività svolta da questi professionisti sulle piattaforme sta aumentando, ma anche la consapevolezza che il fenomeno non va contrastato o frenato, ma regolato nell’interesse degli stessi operatori del settore». Qualcosa si sta già muovendo: nell’ultimo decreto legge Concorrenza, del luglio 2022, è stata inserita una norma relativa ai digital content creator, che riconosce e inquadra a livello legale questa figura e ne regola alcuni aspetti.

Tra influencer, podcaster, youtuber, streamer e così via, nel 2021 la creator economy ha registrato una crescita del 15 per cento rispetto all’anno precedente, e per il 2022 si prevede un aumento di 20 punti percentuali in riferimento al 2021. Secondo Ierussi, «in questo momento storico sono presenti tutti gli elementi utili per promuovere la figura del content creator in Italia e tutelarla. Con l’approvazione del ddl Concorrenza del 2021, per la prima volta il termine “content creator” compare in un emendamento».

Quella del content creator è una professione a tutti gli effetti ormai anche nel nostro Paese, tanto importante da essersi moltiplicata e specializzata. Tuttavia, dal momento che ci sono sempre dei chiaroscuri nelle professioni e nelle categorie emergenti, «i content creator sono spesso avvicinati da “venditori di fumo”», dice Ierussi, spiegando uno dei motivi per cui ha fondato Assoinfluencer. «Questo provoca un allontanamento dei professionisti da chi li vuole tutelare».

 

La creator economy di domani

La content creation può essere intesa come il combustibile di quel gigantesco motore informativo che è internet. In questo contesto, sono cinque le tendenze che si imporranno nel prossimo futuro, e su cui lo stesso settore si modellerà: i brand selezionano per lo più profili femminili, tra i 18 e i 24 anni; la tipologia di contenuti più diffusa è legata alla comicità, all’intrattenimento e alla sostenibilità; i creator vogliono proteggere il proprio tone of voice, per questo scelgono con attenzione i brand con cui collaborare. E ancora: il format proprietari saranno la nuova frontiera dei contenuti digitali, soprattutto nelle piattaforme in ascesa come Twitch e TikTok; infine, sempre più creator si configurano come imprenditori, in grado di lanciare il loro stesso marchio e di attirare nuove forme di investimenti.

Resta il fatto che l’attuale outlook dell’economia globale sembra aver colpito anche la creator economy. La maggior parte dei produttori in questo settore monetizza con accordi pubblicitari, ma questo approccio è molto esposto ai cali degli investimenti digital decisi dai marchi in fase di crisi. Secondo un sondaggio dell’Influencer Marketing Hub, infatti, il 77 per cento dei creator partecipanti ha come primaria fonte di sostentamento gli accordi pubblicitari con i brand. Inoltre, le stesse piattaforme – prima fra tutte Substack e Twitch –, su cui si basa il business dei content creator, stanno pian piano aggiustando e rivedendo al ribasso i contributi versati ai producer. Forse nel 2023 la creator economy non sarà più l’eldorado per molti professionisti, ma anche e soprattutto per questo necessita di essere regolamentata maggiormente.

 

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