L’italiano all’estero, si sa, piace. Il bilancio di Coldiretti sull’export del Paese
Lo scorso anno le esportazioni di cibi e vini italiani hanno raggiunto un record, generando ricavi per 44,6 miliardi di euro, pari al 9,4% dell’export complessivo di beni e servizi. Rispetto al 2018, l’incremento percentuale delle esportazioni è pari al 7%.
I principali mercati per l’export italiano
Il principale mercato di destinazione dei prodotti agroalimentari italiani è l’Unione Europea che, con 28,4 miliardi di euro nel 2019 (+2,6% sul 2018), assorbe il 64% delle esportazioni nazionali. Tassi di crescita positivi si sono registrati per la maggior parte dei principali mercati di sbocco, soprattutto per Germania, Francia e Paesi Bassi. Il Paese tedesco si conferma il partner straniero più redditizio per l’Italia agroalimentare, con una richiesta crescente di cibo e vino made in Italy, che nel 2019 ha fruttato 7,2 miliardi di euro.
Ancora più dinamiche sono state le esportazioni dirette verso i paesi fuori dall’Ue che, sempre lo scorso anno, sono cresciute del 12,7% attestandosi a circa 16,2 miliardi di euro; gli incrementi più consistenti si sono riscontrati per Giappone, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e USA, terzo mercato in assoluto dei prodotti agroalimentari italiani. Dal confronto effettuato da Confagricoltura dei primi quattro mesi del 2019 con quelli del 2020 emerge, in generale, un andamento di crescita (+3,7%).
L’analisi a confronto
Lo studio, basato sui dati dell’Agenzia delle Dogane sulle esportazioni italiane di prodotti agricoli e alimentari verso i Paesi Extra-UE, ha analizzato i valori delle esportazioni dei primi quattro mesi del 2019 e del 2020 (coincidenti con lo sviluppo della pandemia di Coronavirus). Non per tutti i settori è andata allo stesso modo. Guardando alle diverse categorie di prodotti, gli incrementi più rilevanti riguardo gli export sono i seguenti: ortaggi (+30%) e carni (+25%); circa il +15% per quanto riguarda i prodotti da forno, frutta e ortaggi trasformati, salumi; buoni incrementi anche olio d’oliva (+11%) e riso (+10%). Segnano invece sensibili flessioni: fiori e piante (-25%), paste alimentari (-14%), frutta (-9%), carni conservate (-8%).
Le valutazioni durante il Covid-19
I dati consentono di effettuare le prime valutazioni dell’effetto della pandemia sul settore, tenendo conto che il 31 gennaio 2020 l’OMS ha dichiarato l’emergenza internazionale, elevandola a rischio “molto alto” il successivo 28 febbraio. Siamo di fronte ad un contesto del tutto anomalo, in grande e costante modificazione, dove, almeno per il momento, non è possibile reperire tendenze ragionevolmente consolidate. Non sembra che si siano fin qui verificati significativi ostacoli al trasporto delle merci. In questi mesi abbiamo assistito ad un crollo delle attività di ristorazione per lo stop forzato di alberghi, bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi, che ha avuto un effetto negativo a valanga sull’agroalimentare nazionale con una perdita di fatturato di almeno 1,5 miliardi per i mancati acquisti in cibi e bevande nel trimestre considerato.
Imprese in difficoltà
Il lungo periodo di chiusura ha pesato su molte imprese dell’agroalimentare Made in Italy. Dal vino alla birra, fino a salumi e formaggi di alta qualità, le aziende non trovano più nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato. Nonostante la riapertura permane una situazione di difficoltà nella ristorazione per una diffidenza diffusa e per l’assenza quasi totale dei turisti italiani e stranieri.