Secondo il ragionamento che il capo del Governo ha illustrato ai ministri, il cashback è stato sospeso per sei mesi, perché ritenuta una misura costosa e che per giunta non ha effetti significativi per la lotta all’evasione. Le risorse andranno a finanziare un fondo per la riforma degli ammortizzatori sociali da 1,5 miliardi
«Il cashback ha un carattere regressivo ed è destinato ad indirizzare le risorse verso le categorie e le aree del Paese in condizioni economiche migliori». Così, il premier Mario Draghi è intervenuto ieri in Consiglio dei ministri, spingendo per la sospensione della misura a partire da oggi 1 luglio.
Il cashback viene, quindi, sospeso per sei mesi e, secondo il decreto, i risparmi – 1,5 miliardi di euro – saranno destinati a un nuovo fondo istituito dal ministero del Lavoro per la riforma degli ammortizzatori sociali.
Cashbak sospeso perché regressivo
In particolare Draghi ha detto che gli strumenti di pagamento alternativo al contante favoriscono «le categorie e le aree del Paese in condizioni economiche migliori. Perché sono già abituate a utilizzare le carte di pagamento. Per questo, secondo Draghi: «la misura rischia di accentuare la sperequazione tra i redditi, favorendo le famiglie più ricche».
Ma soprattutto, secondo il premier, ha mancato l’obiettivo principale, favorire la lotta all’evasione fiscale: «Quasi il 73% per cento delle famiglie già spende tramite le carte più del plafond previsto dal provvedimento» (almeno 1.500 euro ogni sei mesi per avere indietro il 10%, ovvero i 150 euro). E chi invece non usa le carte o le usa poco «è improbabile che possa raggiungere il plafond, perché la maggior parte di loro non può spendere quelle cifre», ha continuato l’ex presidente della Bce. A questo si aggiunge il fatto che i costi benefici della misura non sarebbero favorevoli al suo mantenimento: 4,75 miliardi di euro per nessun beneficio sul Pil.
Comunque la misura, assicurano da Palazzo Chigi, non è stata bocciata in toto, ma il governo ha promesso di prendersi del tempo per correggerla e migliorarne dei parametri, oltre a studiare l’introduzione di un credito d’imposta per incentivare i commercianti a usare il Pos.
Cos’ha detto Draghi in Cdm
Durante il Cdm di ieri sera, Draghi ha spiegato che secondo i primi dati sul cashback la maggiore concentrazione dei mezzi alternativi al contante si registra oggi tra gli abitanti del Nord e, più in generale, delle grandi città. L’utente-tipo è, infatti, un capofamiglia di età inferiore a 65 anni, con un reddito medio-alto e una condizione radicalmente diversa da quella di operaio o disoccupato. Anche se non esistono tutt’oggi dati specifici a riguardo, secondo il premier è presumibile che siano queste categorie a trarre i maggiori benefici dal cashback e dai bonus e superbonus collegati.
Proprio per questo, la misura rischia di accentuare la sperequazione tra i redditi, favorendo le famiglie più ricche e con una propensione marginale al consumo presumibilmente più bassa, mentre le famiglie con un reddito inferiore dovrebbero aumentare il livello di spesa con pagamenti elettronici del 40% per arrivare a raggiungere il plafond, mentre per quelle ricche l’aumento è intorno all’1%.
L’ipotesi sul tavolo del governo: tagliare e far slittare i premi
Le transazioni che hanno raggiunto l’obiettivo sono solo il 50% di quelle totali, ma per loro c’è una brutta notizia: oltre allo slittamento dell’incasso dei premi al 30 novembre, c’è anche il rischio di un taglio dell’ammontare.
Questo perché premi e superpremi non potranno superare la nuova soglia di 1,367 miliardi, mentre quelli del cashback del primo semestre 2022 costeranno in totale 1,347 miliardi. Se i soldi non basteranno per dare il premio di 150 euro a tutti, l’assegno sarà ridotto in modo lineare e proporzionalmente alle risorse disponibili.
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