La Commission on Narcotic Drugs dell’ONU (CND), l’organo esecutivo per la politica sulle droghe delle Nazioni Unite, nella giornata di mercoledì 1 dicembre ha preso una storica decisione: dopo 50 anni, infatti, la cannabis esce dalla tabella IV, che tra le tabelle dell’ONU che classificano gli stupefacenti risulta essere quella più restrittiva perché contenente le sostanze ritenute più dannose, come ad esempio l’eroina. Per la prima volta, inoltre, viene riconosciuto in modo ufficiale il valore terapeutico della cannabis, sul quale ormai anche l’Organizzazione mondiale della sanità non ha alcun dubbio date le ampie e dettagliate evidenze scientifiche.

La riclassificazione passata con 27 voti a favore, 25 contrari e l’astensione dell’Ucraina, infatti, è arrivata a seguito di alcune raccomandazioni dell’Oms, la quale ritiene la cannabis molto utile per quanto riguarda diversi impieghi medici e terapeutici. La cannabis, negli anni, si è rivelata un’ottima alleata contro il morbo di Parkinson, la sclerosi, l’epilessia, il dolore cronico e il cancro.

Cannabis, che succede adesso?

Ma cosa succede adesso? Quali saranno gli effetti, sia politici che economici, di questo ulteriore riconoscimento? Si tratta di un passo avanti verso la legalizzazione della cannabis terapeutica a livello internazionale e verso un cambiamento di come viene vista questa sostanza? Su questo tema potremmo dire che il mondo si divide ancora in due o più schieramenti: da una parte ci sono diversi paesi, come gli Stati Uniti, l’Uruguay e il Canada, che già da tempo hanno operato un superamento della (ormai) precedente Convenzione Onu riguardo la cannabis, legalizzandola per tutti i suoi usi, dal terapeutico al ricreativo. Dall’altra diverse realtà, invece, continuano a guardare in modo ostile alla cannabis e ne continuano a vietare qualsiasi uso. E ciò a discapito dei malati, a cui viene negato l’accesso a questo tipo di terapie, di profitti che potrebbero dare un vivacissimo slancio all’economia e della lotta alla criminalità organizzata, che continua ad appropriarsi proprio di quei profitti.

Sicuramente la decisione dell’Onu ha un impatto simbolico molto importante, perché potrà influenzare le scelte future dei governanti a livello nazionale. E a modificarsi potrebbe essere anche il “terreno proibizionistico” su cui vengono prese le decisioni riguardo la cannabis. Ad aver votato a favore del riconoscimento del valore terapeutico della cannabis tutta l’Unione europea, compresa l’Italia, mentre paesi come la Cina, l’Egitto, l’Ungheria e la Russia si sono opposti, dichiarando che continueranno ad osteggiare qualsiasi iniziativa in tal senso riguardante la pianta.

La cannabis viene utilizzata a scopi medici da secoli e il suo uso in questo ambito, in effetti, non è una novità. In Italia, però, l’uso terapeutico è legale solo dal 2007 e recentemente è stata condotta a livello politico un’impegnata battaglia contro la cannabis light, che non ha effetti psicotropi. La commercializzazione di questa sostanza ha dato vita, secondo stime recenti, ad un giro d’affari di 150 milioni di euro tra attività di delivery e il diffondersi dei growshop. Ma il potenziale di quella che è stata definita la New Canapa Economy sembra essere, a detta degli esperti, anche maggiore: senza barriere legislative, infatti, girerebbero intorno a questa sostanza tra i 400 e i 500 milioni di euro. Sono davvero tanti e diversi i prodotti ricavati dall’utilizzo della canapa o a base di Cbd: oltre a oli, creme, integratori e prodotti alimentari molto utili contro ansia, stress e insonnia, in quest’ultimo periodo hanno iniziato ad essere commercializzate anche le mascherine realizzate con fibra di canapa. In un articolo del Sole 24 Ore si afferma che il giro d’affari della cannabis nel mercato italiano – includendo il settore medico, sanitario, farmaceutico, cosmetico, tessile, alimentare fino alla bioedilizia – arriverebbe a 30 miliardi di euro nei prossimi dieci anni.

“Il nostro comitato di esperti è giunto alla conclusione che il Cbd non è una sostanza psicoattiva. Di conseguenza, non dovrebbe essere più sottoposta ad alcun controllo internazionale”, ha affermato Gilles Bernard Forte, coordinatore del gruppo politiche, accesso e uso di farmaci essenziali e prodotti sanitari dell’Oms a seguito della votazione in ambito Onu, dopo che la Corte di Giustizia europea aveva già stabilito che il cbd non è un farmaco narcotico. Pian piano sembra spianarsi la strada per la legalizzazione e, in questo senso, la decisione delle Nazioni Unite costituisce un importantissimo traguardo. C’è chi sostiene che dopo il cambiamento di status della pianta i governanti non potranno non essere orientati diversamente per quanto riguarda le decisioni future, mentre altri esperti ritengono che non ci saranno grandi trasformazioni, almeno non nell’immediato. Questo soprattutto per quanto riguarda i controlli internazionali, dato che i governi avranno ancora giurisdizione su come classificare la cannabis. Quella dell’Onu, però, è una convenzione globale, come anticipato, dal fortissimo valore simbolico e sarà difficile che i paesi la ignorino nel prossimo futuro.