Male, sembra, se si escludono gli ottimi risultati della campagna vaccinale. Fra problemi nell’export e la recrudescenza delle violenze in Irlanda del Nord, il Regno Unito è alle prese con una delle più difficili decisioni della sua storia recente. Il referendum per l’indipendenza della Scozia sembra essere dietro l’angolo

Luci e ombre nei primi cento giorni in cui il Regno Unito si è reso formalmente indipendente dall’Unione Europea. Cento giorni di cui è certamente arduo tracciare un bilancio, visto che la definitiva separazione fra Londra e le autorità di Bruxelles si inserisce nel contesto della pandemia da Coronavirus. E proprio sul tema dell’epidemia si possono individuare i contorni di uno dei migliori “successi” dell’operazione fin dall’inizio voluta dai Conservatives: senza la Brexit, nel Regno Unito la campagna vaccinale sarebbe senz’altro stata diversa.

Tutti hanno potuto vedere le immagini di una Londra rinata, in cui molti cittadini ormai hanno abbandonato le mascherine, il tasso di inoculazioni è molto alto e pare che i sudditi di sua Maestà siano ormai vicini all’immunità di gregge. Bloomberg News, commentando i risultati di un sondaggio, dichiara che il favore per la Brexit è cresciuto rispetto al 2016: “Due terzi degli adulti intervistati affermano che essere fuori dall’Unione Europea ha aiutato il programma vaccinale britannico. Molti dicono inoltre che l’Ue ha mostrato ostilità verso la Gran Bretagna: solo uno su 10 afferma che l’Europa si è comportata da amica”. Se oggi si ripetesse il referendum sulla Brexit, le ragioni di chi voleva la separazione passerebbero “con margine anche maggiore” rispetto gli esiti della consultazione effettiva. Un traguardo non da poco se si ricordano le scene durissime degli inizi della pandemia con addirittura il primo ministro Johnson in terapia intensiva per SARS – CoV – 2. Il sostenuto e puntuale ritmo di vaccinazione ha su questo fatto la differenza.

Brexit, cosa non funziona?

È su altri fronti che Brexit sembra non funzionare. La Cnn riporta il parere della Federazione delle Camere di Commercio inglesi, pronunciato dalla co-direttrice Hannah Essex: “Chiediamo al Regno Unito e all’Unione Europea di tornare intorno al tavolo e produrre soluzioni che riducano le barriere per il commercio e diano agli esportatori una chance concreta. Qui non parliamo di difficoltà passeggere, ci sono problemi strutturali che se non verranno affrontati potrebbero portare, a lungo termine, a debolezze potenzialmente irreversibili per il settore dell’export britannico”. I dati appaiono dolorosi: le aziende della logistica, spiega ancora Cnn, “sono dubbiose che si possa avere una qualche soluzione in tempi brevi”, carichi di pesce “vengono lasciati a marcire” perché non possono essere esportati nell’Unione europea. Complice la pandemia, l’economia inglese andrà incontro ad una contrazione nel primo trimestre 2021 e la recessione pare dietro l’angolo.

Il reale banco di prova, però, è l’Irlanda del Nord. Ancora Bloomberg ricorda che il tema “è stato frequentemente evaso durante i negoziati” e che ancora oggi è nascosto sotto il tappeto. D’altronde, non sembra ci siano altre soluzioni che temporeggiare: “Brexit means Brexit” implica la non sostenibilità degli accordi del Venerdì Santo che di fatto in questi anni hanno cancellato il confine fisico fra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda (il cosiddetto soft border). All’inizio di aprile è riesplosa la violenza a Belfast, Derry, Newtownabbey, Carrickfergus e Ballymena; le proteste, dicono le autorità locali, sono “di intensità non vista in anni recenti”. Non è tutto: se lo Scottish National Party dovesse andare bene alle prossime elezioni, esito che appare scontato, il referendum per l’indipendenza della Scozia dal Regno di Sua Maestà lo sarebbe altrettanto.

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