“Stabilire una partnership economica moderna, completa, di alta qualità e mutualmente benefica che faciliterà l’espansione del commercio regionale e degli investimenti contribuendo alla crescita e allo sviluppo globali”. È questo l’obiettivo della Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep), il più grande patto di libero scambio mai siglato fino ad oggi che comprende l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), più Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. Un obiettivo “macro” per un patto di macrodimensioni che, promosso dalla Cina e firmato ad Hanoi, in Vietnam, lascia fuori gli Stati Uniti.
Gli Usa, già assenti dalla Trans-Pacific Partnership (TPP) perché l’ormai ex presidente Donald Trump decise di uscirne formalmente il 23 gennaio 2017 dopo che a promuovere quell’accordo era stato il precedente capo della Casa Bianca Barack Obama, sono dunque fuori da due importantissime partnership commerciali nella regione a più alta crescita economica del mondo. Mentre invece la Cina rafforza la sua posizione di potenza leader in quella stessa regione, e questo preannuncia sicuramente nuovi scontri tra la prima e la seconda economia a livello mondiale. Altro paese rimasto fuori è l’India, ma in questo caso si tratta di una auto-esclusione dato che il suo timore era quello di soffrire troppo il deficit commerciale verso la Cina.
RCEP: i numeri dell’accordo e come si è arrivati fin qui
Alla sigla del Regional Comprehensive Economic Partnership si è giunti dopo diversi anni di complesse e articolate trattative: l’accordo, infatti, era stato proposto ben 8 anni fa, nel 2012, quando il mondo non conosceva né prevedeva l’arrivo di una pandemia che avrebbe messo in ginocchio l’economia globale, ed è stato firmato al termine di un vertice dei Paesi del sudest asiatico mentre la preoccupazione è tutta focalizzata su come uscire dalla crisi post-Covid.
I numeri della partnership, come spiegato da Bloomberg o dal Financial Times, sono assolutamente inediti: nell’accordo c’è un terzo della popolazione mondiale, quindi 2,2 miliardi di persone, rappresentative di una ricchezza di 26mila e 200 miliardi di dollari. Secondo quelle che sono le stime degli addetti ai lavori la Rcep riuscirà ad aggiungere 186 miliardi di dollari all’economia globale, pari ad un effetto dello 0,2% del Pil su chi ne fa parte. C’è chi sostiene che nell’ambito dell’accordo sono stati fatti diversi passi avanti – come anche solo la riduzione dell’egemonia Usa nella regione, ma anche l’eliminazione di diverse tariffe nel commercio tra i paesi dell’area – e chi invece ne critica la mancanza per quanto riguarda l’eliminazione dei dazi doganali o di linee guida chiare e specifiche per l’agricoltura, con i piccoli coltivatori che potrebbero risentire degli effetti “globalizzanti” della nuova partnership. Dai detrattori di questa critiche anche sulla mancanza di dettagli sulla protezione dei lavoratori e dell’ambiente.
Sta di fatto che la Rcep si presenta come 20 capitoli di regole su temi quali investimenti e commercio elettronico, commercio di beni, proprietà intellettuale e appalti pubblici e anche che il grande vincitore dell’accordo è Pechino, che si ritrova tra le mani la possibilità di contribuire nello scrivere le regole di un gioco in cui già parte avvantaggiato, come potenza leader di un’area in cui ora avrà ancora di più la possibilità di aprire nuovi mercati per le sue esportazioni. D’altronde, per tornare ai numeri, il premier cinese Li Keqiang ha infatti osservato in fase di vertice nel sudest asiatico che nei primi tre trimestri dell’anno solo l’interscambio Cina-Asean ha raggiunto i 481 miliardi di dollari, che equivale ad un +5% sul 2019. Senza tralasciare un’altra grande vittoria della Rcep in termini geopolitici: si tratta della prima volta nella storia che le potenze rivali dell’Asia orientale – Cina, Giappone e Corea del Sud – hanno concluso un accordo di libero scambio.