Ora che Paramount+ sbarcherà in Italia il prossimo settembre, è sempre più evidente che il mercato dello streaming stia diventano eccessivamente affollato e saturo di contenuti. Rimangono posti nel settore? Netflix comanda ancora il mercato, ma la streaming war è sempre più difficile e le sue conseguenze non sempre sono a favore degli utenti
Alla fine del primo trimestre del 2022, dopo dieci anni di ininterrotta crescita del numero degli abbonati, per la prima volta Netflix ha registrato una perdita di iscritti: 200mila persone hanno deciso di non rinnovare il loro abbonamento alla piattaforma streaming, causando una perdita di valore del titolo azionario dell’azienda pari al 20%. Netflix ha attribuito le perdite alla crescente concorrenza: all’inizio del decennio di crescita ininterrotta di cui si è detto, la competizione non era nemmeno lontanamente numerosa e agguerrita come adesso.
Netflix comanda il mercato, ma deve e dovrà difendersi da società con cui nessuno vorrebbe competere: Amazon Prime, Apple TV+ e Disney+; e adesso anche Paramount+, il servizio streaming di Paramount Global che arriverà in Italia il prossimo settembre e poco dopo nel resto dell’Europa, che punta su «un’integrazione perfetta tra contenuti globali, quali Scream e il franchise Star Trek, e contenuti locali disponibili al lancio». Come spiega Jaime Ondarza, Head of Streaming Southern Europe di Paramount+, si tratta di «un’offerta forte e strutturata composta di cinema, serie, prodotti originali di Mtv, grandi titoli per bambini e famiglie».
Le oltre 8000 ore di contenuti disponibili al lancio di Paramount+ dimostrano che il lancio di sempre nuove piattaforme sta producendo la cosiddetta streaming war, che porta cioè a una necessità sempre maggiore di produzione di contenuti. «Non ci sono così tanti abbonamenti mensili da 10 dollari che la gente è disposta a sottoscrivere» sintetizzò in merito l’Economist. Se la crescita dovesse rimanere costante, non manca molto al momento in cui Netflix, Amazon Prime, Disney+, Apple TV+ e le altre piattaforme di streaming produrranno da sole più contenuti originali di tutto il resto della concorrenza messa assieme. Nella storia dell’industria dell’intrattenimento, uno spettatore non ha mai avuto una scelta vasta come quella che ha a disposizione oggi.
Il mercato dello streaming è sempre più saturo
Lo streaming a pagamento è una torta economicamente sempre più grande e invitante. Da anni la fetta più grande la detiene per l’appunto Netflix, nonostante la recente flessione, ma come abbiamo visto sempre più aziende – anche molto solide – vogliono prendersi il loro spazio. Questi gruppi vogliono entrare nel mondo dello streaming perché si sono accorti che la tv a pagamento funziona sempre meno, soprattutto tra i giovani, e perché le prospettive per le sale cinematografiche non sono particolarmente confortanti. Inoltre, queste aziende hanno già i propri contenuti originali: manca “solo” la piattaforma tecnologica su cui ospitarli. Eppure la maggioranza degli analisti ritiene che nel settore ci sia spazio per al massimo due operatori dominanti: gli altri potrebbero ovviamente sopravvivere, ma sarebbero marginali, a discapito degli investimenti milionari realizzati per accedere al settore.
La flessione degli abbonati di Netflix che abbiamo citato rappresenta un campanello d’allarme per l’intera industria dello streaming, ma è solo l’ultimo segnale di un mercato che è giunto a un inevitabile punto di svolta. A differenza di quanto avvenuto nell’industria della musica rimasta in mano alle case discografiche, che hanno impedito alle piattaforme come Spotify di diventare dei produttori di contenuti, Netflix ha cominciato quasi fin da subito a produrre film e serie originali per diversificare il proprio catalogo. Questo ha innescato, tra varie piattaforme concorrenti, una corsa a produrre originals e a offrire agli utenti cataloghi fortemente diversificati gli uni dagli altri, senza possibilità di proporre “pacchetti” come nella tv via cavo/satellite. In questo contesto se sottoscrivi due, tre o addirittura quattro abbonamenti per seguire i principali film e serie TV di più piattaforme, l’economicità delle singole offerte viene a perdersi.
Il futuro della subscription economy sarà sostenibile?
Queste sono soltanto le prime conseguenze del modello puramente quantitativo adottato dalle piattaforme streaming in questi anni. È così che il Ceo di Netflix ha aperto concretamente alla possibilità di introdurre pubblicità nella piattaforma, facendo un passo indietro su uno dei più forti segni distintivi di Netflix: «Coloro che hanno seguito Netflix sanno che sono stato contrario alla complessità della pubblicità e un grande fan della semplicità degli abbonamenti. Ma per quanto ne sia un fan, sono un fan ancora più grande della scelta dei consumatori».
Anche la tecnica di rilasciare per una serie TV tutti gli episodi contemporaneamente diventa un limite nel momento in cui, in vista della concorrenza, diventa fondamentale instaurare un rapporto più duraturo e costante con il pubblico. Netflix e le altre piattaforme di streaming, con l’aumento della concorrenza e le caratteristiche della subscription economy che loro stessi hanno alimentano, si trovano oggi a dover cambiare quelle stesse strategie che li hanno resi riconoscibili, al fine di adattarsi alle esigenze degli utenti e del mercato.
Nel breve periodo è difficile che Netflix perda la posizione di dominio che sta occupando. Nel medio-lungo periodo, invece, come ha spiegato il Wall Street Journal, qualche altra società potrebbe riuscire a cambiare il mercato, prima ancora di superare Netflix: alcune realtà potrebbero ad esempio puntare a diventare aggregatori di canali o servizi di streaming, così come investire sia sull’offerta di contenuti che sull’offerta di connessione a internet o telefonica (nel suo piccolo è il caso di TIMVision in Italia), e mettere la propria piattaforma di streaming all’interno di un più ampio pacchetto di offerte. Secondo l’Economist «la forma di questi pacchetti, e il nome di chi li venderà, dipenderà da chi avrà vinto le battaglie per lo streaming».
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