La prospettiva di un nuovo mondo virtuale, il metaverso, lascia ai più molti dubbi. C’è preoccupazione per gli investimenti miliardari voluti da Mark Zuckerberg e per lo scetticismo con cui è stato accolto dal settore tecnologico. Inoltre, perfino chi ci sta lavorando per conto di Meta lo usa pochissimo, a causa della natura confusionale del progetto
Poco più di un anno fa il gruppo Facebook, che comprende l’omonimo social network, Instagram, WhatsApp e altre proprietà, annunciò di voler cambiare nome in Meta, per ufficializzare gli investimenti della società nel metaverso – l’ipotetica nuova evoluzione del web in cui Internet e realtà virtuale dovrebbero diventare un tutt’uno. Ma la svolta verso il metaverso non fu solo una trovata pubblicitaria: Meta nello sviluppo di tecnologie legate alla realtà virtuale e alla creazione di ambienti immersivi ha investito circa dieci miliardi di dollari. Troppi secondo l’ad del fondo Altimeter Capital, Brad Gerstner, che in una lettera destinata a Zuckerberg ha chiesto la riduzione dei dipendenti di Meta e un maggiore controllo delle spese, così da migliorare il valore delle azioni – di cui due milioni sono detenute dallo stesso fondo Altimeter Capital.
A peggiorare le cose per Zuckerberg ci sono alcune notizie provenienti proprio dal settore tecnologico. Tony Fadell, top manager che tra le altre cose ha contribuito al lancio dell’iPod prima e dell’iPhone poi, in un’intervista al Corriere della Sera ha definito il metaverso «puro marketing», «spazzatura», nonché un ambiente dove «conflittualità e discordia» verranno amplificate. Di recente The Verge ha invece reso pubblico un documento interno sullo stato di Horizon Worlds, un ambiente virtuale sviluppato da Meta, in cui il responsabile del progetto si lamenta del fatto che le stesse persone che ci lavorano non usino la piattaforma. Anche il New York Times ha pubblicato il riassunto di diverse interviste anonime a dipendenti (ex o attuali) di Meta, che confermano quanto la transizione verso il metaverso abbia generato rabbia e confusione – uno degli intervistati ha detto che la quantità di denaro investita nel progetto gli dà «il voltastomaco». Tra le critiche più diffuse c’è soprattutto la tempistica scelta da Zuckerberg per gli investimenti: massicci e nel breve periodo; ma la tecnologia per la diffusione del metaverso sembra essere ancora in fase sperimentale e secondo alcune stime, tra cui quelle del fondo Altimeter Capital, ci vorrebbero ancora anni di sviluppo e investimenti per arrivare a una tecnologia adottabile su larga scala.
Le caratteristiche del metaverso
Anche per entrare nel tipo di ambiente descritto da Zuckerberg sarà necessario dotarsi di apposite tecnologie, tra cui visori per la realtà virtuale (VR) e occhiali per la realtà aumentata (AR) – tutti strumenti presenti da poco sul mercato, ancora scarsamente diffusi e potenzialmente migliorabili. Eppure, secondo il New Yorker, quello che viene dato per scontato da Meta è che gli utenti saranno disposti a rimanere collegati a un visore indossando apparecchi per il rilevamento del movimento: «Non una condizione così “naturale”».
Nelle intenzioni di Meta, il metaverso dovrebbe essere uno spazio che unisce realtà digitale e fisica, senza limiti al numero di utenti che possono essere contemporaneamente presenti. Per il New Yorker Zuckerberg sembra ignorare che abitiamo ormai da oltre un decennio in un mondo in cui realtà digitale e fisica sono già profondamente interconnesse: i social network e le piattaforme sviluppati dalle grandi aziende tecnologiche influenzano già oggi «il modo in cui socializziamo, riceviamo notizie, consumiamo cultura, troviamo lavoro e lavoriamo». Sotto questo punto di vista, la versione di metaverso proposta da Meta non sarebbe altro che un diverso modo di «visualizzare la realtà mista che le piattaforme digitali hanno creato».
Una delle principali peculiarità del metaverso è che dovrebbe essere basato su protocolli e standard condivisi, in grado cioè di garantire un ampio margine di azione a piattaforme, organismi e tecnologie sviluppate da aziende esterne. Sebbene Zuckerberg voglia quindi evitare che una singola azienda possa limitare l’esperienza nel metaverso, gli osservatori sono scettici rispetto alla prospettiva che Meta non diventi la principale società di questo ecosistema – a fronte di cospicui investimenti, al momento ben più alti di quelli di qualsiasi altra azienda sul mercato. Secondo quanto riportato dal Financial Times, Meta avrebbe raddoppiato la sua forza lavoro assumendo 10 mila persone in più. Inoltre, gli osservatori sono intimoriti dal fatto che Meta possa contare su un bacino di utenza – quello dei suoi social network proprietari – che altre società di grande successo nel mondo virtuale, come Roblox o Epic Games, non hanno.
Secondo molti commentatori, Meta vuole essenzialmente portare nel metaverso il modello di business di Facebook, basato cioè sull’utilizzo dei dati personali per vendere pubblicità mirata. «Gli annunci pubblicitari continueranno a essere una parte importante della strategia nelle aree social media di quello che facciamo, e probabilmente saranno anche una parte significativa del metaverso», ha detto Zuckerberg. Rispetto ai possibili problemi di privacy e di sicurezza, il Financial Times aggiunge che non è ancora chiaro se Meta sarà effettivamente in grado di moderare un sistema aperto come il metaverso. Diverse domande, al momento senza risposta, riguardano poi i nuovi tipi di dati-utente che verranno generati, in che modo saranno collegati agli strumenti pubblicitari di Meta e come saranno protetti.
Come è stato accolto il metaverso
Secondo l’Atlantic la nascita del metaverso potrebbe generare sufficiente slancio e interesse da invogliare le persone a “entrarci” dentro: «È esattamente il motivo per cui questo investimento per lanciare il metaverso, guidato da Big Tech, fa ridere ma va anche preso seriamente».
La prima presentazione del metaverso da parte di Meta è stata in effetti giudicata da molti artificiosa e utopica, e letta come un riflesso della perdita di credibilità di Facebook – in seguito ai vari scandali in cui è stata coinvolta la società nel corso degli ultimi anni. La versione di metaverso a tratti goffa proposta da Meta, secondo l’Atlantic, dimostrerebbe che «tutta la Silicon Valley, non solo Facebook, sia alla disperata ricerca di una nuova grande idea». Ma le esperienze e i tentativi compiuti in questo senso da altre aziende tecnologiche, negli ultimi anni, suggeriscono che la questione è più complessa del previsto: «Il passato è disseminato di visori per la realtà virtuale falliti».
Alcuni osservatori hanno espresso opinioni meno pessimistiche ma ugualmente caute a proposito del metaverso. L’analista statunitense Matthew Ball, considerato uno degli autori più influenti nel recente dibattito sul metaverso, ha detto: «L’idea stessa del “metaverso” significa che una parte sempre crescente delle nostre vite […] avverrà all’interno di mondi virtuali, anziché essere prolungata o facilitata attraverso dispositivi e software digitali». Il Washington Post ha scritto che «dopotutto, l’idea di persone che fanno amicizia o incontrano i loro partner mentre fissano un pezzo di vetro sarebbe sembrata improbabile 35 anni fa, come il metaverso lo sembra a noi oggi. Nel mondo digitale, l’implausibilità presente è raramente un indicatore della fattibilità futura». In sostanza misurare la solidità del metaverso sulla base delle conoscenze attuali potrebbe essere un limite, perché le trasformazioni potrebbero andare oltre la nostra stessa immaginazione.
Chiedersi come cambierà il lavoro nel metaverso, per esempio, potrebbe essere la domanda sbagliata. «È l’economia del lavoro stessa che potrebbe cambiare, e parlarne in termini di videoconferenze più immersive è come concentrarsi sulla chiave inglese che ripara il motore della metropolitana, invece che su ciò che realmente è il metaverso: l’intero sistema di binari», continua il Washington Post. Ad esempio grandi opportunità potrebbero emergere soprattutto nel settore dell’istruzione: «L’immersione nel metaverso fornirebbe a un insegnante più strumenti e agli studenti meno motivi per disconnettersi».
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