Facebook cede il passo a Meta: da settimane il social network è sotto l’occhio del ciclone per scandali vari e inchieste che stanno mettendo sotto pressione i vertici dell’azienda e facendo diminuire la fiducia degli utenti. Il rebranding salverà il colosso di Zuckerberg dal declino?
Mark Zuckerberg ha assunto il ruolo di CEO e presidente di Meta, il nuovo nome della società che controlla Facebook e gli altri servizi di sua proprietà. Il nome Facebook continuerà a indicare solo il social network e, quindi, non più l’intera holding.
La variazione del naming era già da tempo nell’aria ed è stato ufficialmente confermato dallo stesso Zuckerberg durante Facebook Connect, la conferenza virtuale sulla realtà aumentata tenutasi giovedì 28 ottobre 2021 e disponibile alla visione sul suo profilo Facebook.
Un passo ormai obbligato per il fondatore del social network, in primo luogo perché il nome Facebook non era più in grado di rappresentare la complessità dell’ecosistema – di cui ricordiamo fanno parte anche Whatsapp, Instagram e Oculus Quest – e in secondo perché, come preannunciato nelle scorse settimane, l’obiettivo dell’azienda ora è la costruzione del Metaverso, l’universo parallelo basato sulla realtà aumentata immaginato da Zuckerberg.
“Penso che ci stiamo fondamentalmente spostando dall’essere Facebook first come azienda ad essere Metaverse first”
ha dichiarato il CEO a The Verge. Durante la videoconferenza, Zuckerberg ha inoltre spiegato che il nome attuale «non può più rappresentare tutto quello che stiamo facendo oggi, tantomeno quello che faremo in futuro».
In questo contesto però, non può che saltare all’occhio come l’annuncio della creazione di Meta sia sospetta e in qualche modo legata ai problemi reputazionali che l’azienda sta vivendo, tanto che nei giorni scorsi era addirittura circolata la possibilità di un ritiro dalle scene di Mark Zuckerberg.
Kara Alaimo, che lavorava con Obama, ha scritto sulla Cnn:
“Facebook non deve cambiare nome, deve cambiare amministratore delegato”.
Ma sembra che Zuckerberg non abbia alcuna intenzione di abbandonare la sua “creatura”, come infatti ha spiegato proprio a The Verge, che riporta: “a differenza dei fondatori di Google che si sono fatti da parte nel 2015 quando è entrato a far parte di una holding chiamata Alphabet, [Zuckerberg] non ha intenzione di rinunciare al ruolo di guida.” Ciò non toglie, però, che gli ultimi malaugurati eventi hanno affrettato la presentazione di Meta, anche per allentare la tensione sugli altri social media dell’azienda e spostare l’attenzione sul futuro progetto del Metaverso.
Facebook: tutti i guai del social network
Ma come mai tanto astio nei confronti di Facebook e del suo Ad? Facciamo un passo indietro per ricostruire tutto quello è accaduto al social network negli ultimi mesi. Sono settimane, infatti, che Facebook è sotto l’occhio del ciclone, soprattutto in seguito alla pubblicazione di documenti interni riservati e alle inchieste che da settimane stanno mettendo sotto pressione i vertici dell’azienda e facendo diminuire la fiducia degli utenti.
L’accusa principale è quella di non aver saputo gestire quei contenuti che online incitano all’odio e creano disinformazione. I Facebook Files – diffusi illecitamente da una ex dipendente – avrebbero svelato le vere politiche dietro le dichiarazioni ufficiali: politiche che privilegiano il profitto.
Nello specifico Facebook è accusata di:
- consentire a personaggi famosi e politici di aggirare le regole della piattaforma
- in Vietnam, di censurare i post dei dissidenti politici
- aiutare il traffico di esseri umani
- non agire per contrastare il fenomeno degli account multipli
- non essere intervenuta dopo gli studi sugli “effetti tossici” provocati dai social sulla mente dei più giovani
- aver utilizzato un algoritmo che ha aiutato l’odio a crescere tra gli utenti
- non aver saputo gestire i contenuti anti-vaccini
- aver contribuito all’assalto del Senato da parte dei sostenitori dell’ex presidente americano Donald Trump
Secondo il Wall Street Journal, Facebook inoltre concede a editori di destra “un trattamento speciale” che permette loro di evitare sanzioni per disinformazione.
Tutto questo per privilegiare il profitto. E infatti, sarà per questo che, leggendo gli ultimi dati annunciati dall’azienda, gli utili di Facebook battono addirittura le attese.
Nonostante quindi il terremoto reputazionale in cui è coinvolta, per il terzo trimestre dell’anno l’azienda ha riportato un giro d’affari cresciuto del 35% (anche se inferiore alle attese), con gli utili che hanno persino battuto le stime degli analisti, in rialzo del 17% a 9,19 miliardi.
Facebook «alimenta l’odio online e tradisce la democrazia»
Qualche settimana fa il Wall Street Journal pubblicava un’inchiesta che faceva emergere i danni psicologici riportati da adolescenti a seguito dell’utilizzo di social network come Facebook e Instagram: secondo i dati raccolti dalle stesse piattaforme e acquisiti dalla testata americana, 1 ragazzo/a su 3 soffre di ansia e depressione.
Ad aver fornito i documenti al WSJ sarebbe stata Frances Haugen, 37enne ex dipendente proprio di Facebook. La donna, che nel colosso dei social ha lavorato fino al maggio 2021 come Product Manager occupandosi di questioni di democrazia e disinformazione, è comparsa nel noto programma 60 Minutes e ha confermato le accuse: Frances ha anche testimoniato davanti al Congresso e presentato denuncia alla Securities and Exchange Commission (Sec).
Secondo Haugen, Facebook avrebbe intrapreso azioni che non corrispondevano alle sue dichiarazioni pubbliche: l’accusa rivolta al social è di “tradire la democrazia”.
L’azienda di Zuckerberg avrebbe utilizzato degli algoritmi per ottimizzare contenuti divisivi, polarizzanti e che incitano all’odio con l’obiettivo di aumentare l’engagement degli utenti.
“Facebook, più e più volte, ha dimostrato di preferire il profitto” ha detto la ex dipendente.
La ex dipendente di Menlo Park ritiene responsabili del problema gli algoritmi lanciati nel 2018, che regolano quello che si vede sulla piattaforma. Questi algoritmi avrebbero anche contribuito – tra gli altri – all’assalto del Senato da parte dei sostenitori dell’ex presidente americano Donald Trump, lo scorso 6 gennaio.
Questa accusa è stata ritenuta “ridicola” dal vicepresidente degli affari globali di Facebook, Nick Clegg, che ha detto: “Penso che dia alle persone un falso conforto presumere che ci debba essere una spiegazione tecnologica o tecnica per i problemi della polarizzazione politica negli Stati Uniti”.
La whistleblower, però, sostiene di agire per migliorare il social network e non per screditarlo.
Fin dove si spingerà Meta con il Metaverso?
Viene da chiedersi – quasi con ansia populista: dove andremo a finire di questo passo?
I progetti visionari di Mark Zuckerberg sono da tenere sotto controllo, soprattutto alla luce di come non ha dato seguito ai risultati emersi dalle inchieste interne sul modo in cui i suoi social influenzano la salute mentale degli utenti più sensibili. Cosa farà quando succederà al Metaverso? Quali precauzioni per la salute mentale degli utenti adotterà? Per ora non è dato saperlo, ma se continua a non curarsene continueremo a vederne delle belle, visto che il Metaverso è un progetto che tenderà a coinvolgere totalmente l’individuo in una sorta di universo virtuale parallelo.
Cos’è il Metaverso
Il Metaverso è un’idea che Zuckerberg ha introdotto all’inizio di quest’anno: il termine è stato coniato da Neal Stephenson in Snow Crash, un romanzo distopico degli anni ’90 in cui le persone fuggono dal mondo reale in rovina per essere completamente immersi in uno virtuale.
Nel romanzo di Stephenson il Metaverso è come una enorme sfera nera grande 65536 chilometri (216) di circonferenza. Su questa sfera ogni persona – rappresentata da un avatar – può realizzare in 3D ciò che desidera: negozi, uffici, oggetti, persino eventi e tanto altro. Naturalmente il tutto è visitabile e/o fruibile dagli utenti.
In questo senso, secondo Zuckerberg, il Metaverso “sbloccherà un’economia completamente nuova di beni e servizi virtuali.” Per la creazione di questo progetto nel 2021 Facebook ha deciso – solo in Europa – di assumere circa diecimila persone.