Perché il lavoro non può essere anche divertente? È da questa riflessione che si è diffusa sempre più la gamification all’interno delle aziende, ma in che modo viene utilizzata? E quali sono le startup che l’hanno lanciata sul mercato?

Chi ha detto che si è troppo grandi per giocare? E se tutto quel tempo passato davanti ai videogiochi vi permettesse di superare un colloquio di lavoro? Non è utopia e neppure la trama di una puntata di Black Mirror: questo processo ha un nome e si chiama Gamification. Spesso viviamo le nostre giornate lavorative con grande fatica: ma se il lavoro, invece, fosse anche divertente? Sono sempre più le aziende che utilizzano la gamification per selezionare nuovo personale o stimolare i dipendenti con attività ludiche per renderli più produttivi, ma ancora troppo poche quelle che ne conoscono i concreti vantaggi. Vediamo quindi in che modo la gamification può essere utilizzata nei contesti professionali e come le aziende possono sfruttarla a proprio beneficio.

Che cos’è la gamification

Prima di comprendere come utilizzarla, è necessario apprendere che cos’è la gamification e perché si sta diffondendo sempre più, anche come criterio di selezione del personale. Il termine sta ad indicare quell’utilizzo di elementi di game design in contesti non ludici. In parole povere, trascorrere tante ore davanti a un videogioco potrebbe risultare più utile del previsto, anche se si è in cerca di lavoro. Questo termine è apparso per la prima volta nel 2008, ma soltanto due anni dopo ha iniziato a diffondersi e si stima che entro pochi anni i dipartimenti di marketing non ne potranno più fare a meno. E se diverse aziende hanno scelto di avvalersi della gamification per assumere personale, tante altre invece ne ignorano completamente l’esistenza, figurarsi l’utilizzo. Com’è facilmente intuibile, il termine deriva dalla parola “game”, che tradotto dall’inglese significa letteralmente gioco.

Quest’attività si basa su un principio fondamentale: noi esseri umani siamo predisposti al gioco perché tramite il gioco impariamo. Cosa s’impara? vi chiederà chi non ha mai ceduto al fascino del gaming. E la risposta è: tutto. Attraverso i videogame è possibile apprendere come gestire situazioni complesse in diversi contesti e circostanze, sviluppare o rinforzare la nostra capacità di valutazione dei rischi oppure mettere alla prova la logica e discutere con altri gamer dei propri risultati ottenendo in cambio preziosi feedback.

Esempi di aziende che usano la gamification a proprio vantaggio

Le aziende propendono per la gamification perché coinvolgere i dipendenti e rendere l’ambiente di lavoro più sereno e conviviale aiuta a far crescere e rendere più produttivo il team di lavoro e, di conseguenza, può portare all’organizzazione grandi vantaggi in termini di prestazioni e di business. Tramite il gioco è possibile coinvolgere i dipendenti con premi da ottenere e traguardi da raggiungere: un po’ di sana competizione, del resto, non può far male. Un esempio lampante è quello di Zappos: l’azienda americana con sede a Las Vegas si occupa di vendita al dettaglio e ha offerto ai suoi dipendenti la possibilità di raccogliere punti tramite sfide e livelli per poi tramutarli in beni reali.

La società, nata nel 1999, ha persino creato una moneta per i propri dipendenti a favore della gamification, chiamata Zollar. Chiunque poteva guadagnare i propri Zollar seguendo determinate “regole del gioco” sul lavoro, quindi partecipando a corsi di formazione oppure aiutando altri colleghi di turno. Guadagnando le proprie monete, ogni dipendente ha poi potuto acquistare beni fisici di vario genere (come biglietti del cinema, posto macchina nel parcheggio di lavoro, beni tecnologici).

Un altro esempio di gamification applicato alla formazione arriva poi da Samsung con Samsung Nation: si tratta di un gioco pensato per il personale il cui scopo principale è la formazione. I dipendenti partecipano attivamente al gioco per trovare soluzioni ai problemi dell’azienda e, in cambio, guadagnano punti e avanzano di livello, mentre al tempo stesso approfondiscono il proprio percorso di formazione.

Le startup che promuovono la gamification

Immaginate di essere valutati in base alle vostre qualità da gamer: non è una realtà così remota grazie a Laborplay, una startup fiorentina che ha messo a punto un sistema tramite il quale il candidato viene valutato in base ai risultati ottenuti con i videogiochi. A cosa serve? Ad allentare la tensione durante il processo di recruiting, prima di tutto, rendendo l’approccio più amichevole. La gamification, in questo caso, serve ad evidenziare quali sono le capacità del singolo candidato.

Nata nel 2015, questa startup ha infatti sviluppato una piattaforma online che permette di valutare quali sono le proprie soft skills in base ai videogiochi praticati. In questo caso, il test da superare si basa su un gioco che permette di testare le competenze trasversali del candidato e come queste possono essere sviluppate tramite strumenti ludici. Questa tecnica evidenziata da Laborplay non solo quindi permette di evidenziare le soft skills del candidato, ma anche di allenarle.

Thefaculty, l’app che rende lo studio divertente

Un altro esempio di gamification è quello messo in piedi da una coppia di studenti. Christian Drammis e Christian Locatelli hanno fondato una startup che parla alla generazione Z. Si chiama Thefaculty e il suo slogan è “l’app gioco che premia e agevola gli studenti”. La startup è nata con un solo obiettivo: quello di aiutare gli studenti durante il loro percorso universitario, rendendo lo studio più divertente e coinvolgente. Come? Premiando il merito. Il progetto permette agli studenti di scaricare un’app tramite la quale è possibile sottoporsi a quiz e raccogliere punti, accedendo a vantaggi interessanti come sconti e coupon. L’app ad oggi è scaricata da oltre 150mila utenti e diverse aziende hanno stipulato accordi con Thefaculty tra cui Feltrinelli, Deliveroo e Carrefour. Con questo progetto, la gamification viene utilizzata per rendere lo studio più divertente.

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